La ripresa dalla pandemia esige anche politiche migratorie rinnovate e programmate

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Il Presidente del Consiglio, il Prof. Giuseppe Conte assomiglia al “Giano Bifronte” della mitologia romana, che credeva di poter guardare sia il passato che il futuro. Egli era giunto a Roma, via mare, dall’antica Tessaglia, storica regione della Grecia, quasi come i nostri profughi, che percorrono quella rotta per arrivare in Europa.

Certamente l’attuale premier non pare però avere tra le sue priorità le politiche migratorie, pur nella gestione di una complessa emergenza provocata dal Covid-19. Infatti il primo governo giallo-verde, da lui guidato con la sua forte impronta populista-sovranista, aveva varato i due contestati e regressivi “Decreti Sicurezza”, con la firma dell’allora Ministro dell’Interno, Sen. Salvini. Ora con il suo nuovo esecutivo giallo-rosso le priorità sembrano cambiate, con venature più europeiste e responsabili, ma che hanno lasciato in fondo le modifiche proprio in materia di politiche migratorie.

Tutto questo non è un caso, perchè ora esse sono politicamente imbarazzanti per i nuovi partner di coalizione, ma anche per i suoi vecchi promotori, che dovrebbero smentire la loro azione passata. Un colpevole ritardo d’azione, forse dovuto anche alla presenza della nuova titolare del Viminale che non ha peso politico, esercitando lì solo una funzione tecnica, che, tra l’altro, appare inadeguata a governare gli stessi problemi creati ed acuiti dalla gestione burocratica ed “autocratica “di molti suoi colleghi Prefetti. Con tutto ciò, nonostante un Decreto nuovo, siamo ancora agli annunci di una “controriforma” della sicurezza che, ora, ha sì un testo ufficiale con linee europee generali che, però, non hanno visto apprezzabili cambiamenti, anche per il perdurare della gravissima emergenza legata al Coronavirus.

E allora, lo scenario difficile che stiamo vivendo, ha sconvolto l’intero pianeta, facendo regredire tutti i parametri economici e sociali e con essi anche i modelli virtuosi delle politiche migratorie. Lo stesso esempio canadese, come tutti i Paesi della vecchia Europa vanno chiudendo le loro frontiere, forse non solo per l’emergenza sanitaria. Infatti vanno esplodendo tutti gli egoismi nazionali, venati da populismi e sovranismi che, da sempre, hanno bisogno di un “nemico” da combattere, individuando nel migrante, il “diverso” da isolare, respingere, magari sfruttare come manodopera a basso costo, dimenticando le stesse parabole cristiane dell’accoglienza sacra verso il “forestiero”, che poi sono state eredidate dalla nostra cultura greca classica, con il mito dell'”Odisseo”.

Ora però l’Europa “culla di civiltà” rischia di regredire a tanti sterili nazionalismi, se non diventa concreta la speranza di cambiamento in una Unione Europea che, con il semestre a guida tedesca, ha davanti una sfida vitale per la sua stessa sopravvivenza, per ridare slancio e vigore alla ripresa generale del continente, proprio sui valori della solidarietà e della fratellanza, che hanno ispirato i suoi Padri costituenti, da estendere anche alle comuni politiche migratorie. Quindi il dialogo e gli accordi con la stessa area del Nord-Africa risultano vitali, insieme a politiche di sostegno al loro sviluppo, interesse cruciale specie per i Paesi più esposti alle dinamiche migratorie come l’Italia e la Grecia.

Qui però gli impegni e gli accordi, anche quelli già siglati, sembrano scritti sulla “sabbia insanguinata” del Mar Mediterraneo, dove ancora in queste ore, si assiste attoniti ai naufragi, (con i drammi di donne e bambini ingoiati dalle acque), disquisendo sui termini del ricollocamento obbligatorio dei migranti, lentissimo o con il riordino del sistema comune d’asilo, attuando realmente l’art.80 del Trattato U.E. Per questo, la revisione di queste politiche migratorie, a livello internazionale, deve ripristinare subito il soccorso umanitario, con quello coerente del diritto comunitario, che deve ritrovare una normativa omogenea ed aperta nazionale, che metta al primo posto la salvaguardia della vita umana, arrestando il tragico gioco che nel “Mare Nostrum”. Situazione che vede un continuo scarico delle responsabilità, come si ha avuto modo di vedere nei mesi scorsi con i “dirottamenti” del governo maltese di imbarcazioni di profughi.

In conclusione, non può che essere ripreso l’appello del Santo Padre affinché prevalga la solidarietà e l’accoglienza, legata a nuove politiche migratorie che favoriscano la reale integrazione culturale, sociale ed economica dei migranti, secondo un modello più di “Ius culturae” temperato, che non alimenti lo scontro ideologico e nazionalistico sul semplice “Ius soli”, creando al contrario una convergenza ampia per far approvare riforme certe, magari graduali, che però non possano essere smantellate ad ogni cambio di governo, divenendone una bandiera propagandistica, che spesso nasconde il vuoto di organiche strategie di governo. Per questo aspettiamo fiduciosi, che l’annuncio della svolta nelle politiche migratorie si concretizzi, evitando che anche questa risulti un’ennesima “Incompiuta Italica”, dove si rincorrono solo gli annunci, le grida e le citazioni come quella dello scrittore cileno Luis Sepùlveda, che il coronavirus ci ha portato via: “Sei lenta perchè hai sulle spalle un gran peso”.

Klodiana Cuka, Presidente di Integra Onlus