Formare gli operatori e sensibilizzare le donne. Questo il lavoro che l’associazione Integra persegue da anni contro una pratica che lede la dignità della persona
Il 6 febbraio in tutto il mondo si è celebrata la Giornata mondiale contro le Mutilazioni genitali femminili. Ancora sono tante le donne, le bambine, che in tutto il mondo sono sottoposte alla crudele pratica della mutilazione genitale. Da anni le associazioni di volontariato sono attive sul campo per fermare una tradizione atroce che porta solo sofferenze.
«Il nostro lavoro si svolge su un doppio binario – afferma la presidente dell’associazione Integra, Klodiana Cuka – dare una formazione a tutti gli operatori sociosanitari e informare le donne che la pratica della mutilazione genitale è reato in Italia e le aiutiamo a rompere la catena che le lega a questa tradizione che lede la dignità della donna e della persona, primatdi tutto». Tra il 2009 e il 2010 Integra ha partecipato ad un progetto nazionale che aveva lo scopo di monitorare e scovaree ventuali casi di mutilazione sul territorio e provare la conoscenza del tema da parte di operatori sanitari e mediatori.
«Nella ricerca che abbiamo svolto sono state coinvolte le donne, le famiglie e gli operatori della rete socio-sanitaria. Putroppo è venuto fuori che la conoscena da parte di questi ultimi è molto bassa e mancano dei percorsi di formazione organizzati – continua Cuka – e per questo ci siamo attivati per colmare questa lacuna, con corsi specifici. Invece, per quanto riguarda le potenziali vittime abbiamo cercato di sensibilizzarle. Certo, non è facile parlare con loro di mutilazioni. Ciò che per la nostra cultura è atroce e intacca la dignità unama, per loro e per i loro Paesi non lo è, sono pratiche del tutto normali». E questo viene supportato anche dalle ricerhe antropologiche realizzate negli anni. Ecco perchè è ancora difficile fermare del tutto le mutilazioni, che riguardano anche gli uomini, con la pratica della circoncisione.
Secondo i dati più aggiornati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono tra 100 e 140 milioni le bambine, ragazze e donne nel mondo che hanno subito una forma di mutilazione genitale. L’Africa è di gran lunga il continente in cui il fenomeno delle Mgf è più diffuso, con 91,5 milioni di ragazze di età superiore a 9 anni vittime di questa pratica, e circa 3 milioni di altre che ogni anno si aggiungono al totale. La pratica è documentata e monitorata in 27 paesi africani e nello Yemen. In altri Stati (India, Indonesia, Iraq, Malesia, Emirati Arabi Uniti e Israele) si ha la certezza che vi siano casi di MGF ma mancano indagini statistiche attendibili. Meno documentata è la notizia di casi di MGF avvenute in America Latina (Colombia, Perù), e in altri paesi dell’Asia e dell’Africa (Oman, Sri Lanka, Rep. Dem. del Congo) dove tale pratica non è mai assurta a tradizione vera e propria.Segnalati casi sporadici di MGF anche in paesi occidentali, limitatamente ad alcune comunità di migranti.
«Le donne spesso costringono le figlie a farlo e anche quando sono all’estero, le costringono a rientrare nei paesi d’origine dove sono le nonne a perpetrare la pratica – continua la presidente di Integra -. Non è facile trovare e parlare con una donna mutilata, violentata nella sua dingità, perchè spesso ha vergogna e non parlano, nenche tra di loro. Ecco perchè è importante il nostro aiuto, anche per tutelare le ragazze di seconda generazione».
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