Una tavola rotonda all’insegna del cambiamento quella che si è tenuta ieri presso la Sala 4 del Cinema Massimo di Lecce. Responsabilità e sostegno sembrano stridere con le storie di immigrazione dei nostri giorni, frasi che colpiscono nel segno ed invitano a riflettere.

Il dibattito diretto da Cristina Soldano, direttrice artistica del Festival del Cinema Europeo, vede confrontarsi illustri ospiti legati al tema dell’immigrazione, per esperienza personale e per impegno nelle attività di promozione contro il razzismo.

Il primo ad intervenire, Don Raffaele Bruno, referente regionale dell’Associazione Libera, insiste nel voler raccontare storie, senza dover rischiare di cadere nell’autoreferenzialità.

Storie di persone, nomi che hanno un volto e una voce, esuli che fuggono dal proprio paese e arrivano in Italia consapevoli del fatto che si può preferire persino il carcere alla propria nazione. Ma d’altra parte, non è facile essere accettati in un paese in cui “il fortunato va avanti” come sostiene uno dei protagonisti dei tre documentari proiettati nel corso della giornata dedicata al cinema dell’accoglienza e dell’immigrazione: Life in Italy is ok, C.A.R.A Italia e L’altra città.

Da questa considerazione si snoda l’intero dibattito in cui ci si chiede quanto la società italiana sia effettivamente pronta ad accogliere gli stranieri. Si entra nel vivo della discussione con l’intervento di Yvan Sagnet, portavoce e simbolo della rivolta contro il caporalato, nonché esponente della Cgil. Prima ancora di essere etichettati come immigrati sono persone che la scorsa estate hanno vissuto il dramma della schiavitù nei campi della Masseria Boncuri di Nardò, in provincia di Lecce. Yvan Sagnet, come tanti ospiti della struttura, ha dormito per terra, attendendo ore prima di potersi lavare con acqua gelida. “Per noi immigrati” – prosegue Sagnet – “il caporale viene visto come una figura forte, potente, simbolo di emersione sociale. Quindi difficilmente si protesta al ritiro dei documenti originali sottratti a noi lavoratori. Finché un giorno non vieni a sapere che quei documenti, i tuoi documenti, sono stati sequestrati per far lavorare altri immigrati irregolari”.

Continua Sagnet il suo racconto con animo concitato: “I ritmi di lavoro non danno tregua: ci si sveglia alle due del mattino e si inizia a lavorare alle tre. I caporali vengono con i furgoncini per condurci nei campi. Cinque euro di trasporto, anche se hai la fortuna di avere una bicicletta, vengono sottratti dalla busta paga. A questi si aggiungono quattro euro per un panino e poco più di un euro per l’acqua. Non serve a nulla rimediare procurandosi del cibo da soli. Il caporale ti costringe in ogni caso a ridurre il salario ad una manciata di pochi euro.”

Non è stato facile per Yvan dover convincere i suoi compagni a rivendicare i propri diritti, ma alla fine, difendere il proprio lavoro ha avuto la meglio sulla paura, sulla coercizione e sulle ripercussioni che ogni giorno subiscono gli immigrati per poter lavorare.

Che l’Italia sia da tempo terra di immigrazione non dev’essere un alibi per lasciarsi sedurre dalla condizione ordinaria di impreparazione all’accoglienza. Al contrario dovrebbe essere un motivo in più per fare sempre del meglio. Lo sa bene chi prima ancora di lavorare nell’ambito dell’accoglienza ha vissuto l’esperienza di chi si trova dall’altra parte. “Partire dal basso per arrivare ad intervenire nelle tavole rotonde a favore dei diritti degli stranieri”: prende la parola Klodiana Cuka, presidente di Integra Onlus, che, arrivata in Italia nel 1990, ha visto questo paese cambiare da terra di emigrati a terra di immigrati. Insiste la presidente nell’asserire che l’Italia non è ancora pronta ad accogliere, è una nazione incagliata in una crisi etica prima ancora che politica ed istituzionale. “Non è semplice dover spiegare a coloro che ogni giorno approdano sulle nostre coste come funziona la giustizia, in un paese in cui si finisce in carcere per un paio di notti e poi si ritorna liberi facendola franca”. “Eppure speriamo”, continua la dott.ssa Cuka, “che si possa partire dagli stessi immigrati per fare rete”, per organizzare strategie e ridare dignità alla vita di tanti stranieri, persone costrette a seguire percorsi impervi prima di arrivare alla tanto sospirata meta dell’integrazione sociale. Molti di loro, come lei, sono passati dall’altra parte e adesso sono mediatori interculturali, anch’essi impegnati ad aiutare gli altri come è stato fatto in passato per loro. Le stesse figure di mediatori fanno fatica ad emergere nel caotico universo del lavoro e, anche in questo caso, la presidente di Integra Onlus si impegna a lottare per strappare alla legge italiana un valido riconoscimento per questa professione ed il diritto di avere un contratto collettivo nazionale. La raccolta firme, all’ingresso del Cinema Massimo, per il riconoscimento della figura del mediatore interculturale è solo una delle tante iniziative promosse dall’Associazione Integra Onlus.

Tanti piccoli passi per favorire lo sviluppo e la crescita sociale nel nostro paese. Responsabilità nell’ immigrazione, dunque, significa anche lasciare tracce, far proprio il percorso, qualsiasi sia la meta verso cui guardare.

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L’Impegno di Integra Onlus per…

il Riconoscimento della Figura Professionale del Mediatore Interculturale

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RICONOSCIMENTO DEL MEDIATORE INTERCULTURALE

Al Presidente della Camera dei Deputati, Onorevole Gianfranco Fini
Al Presidente del Senato della Repubblica Italiana, Onorevole Renato Schifani
All’On. Aldo Di Biagio e Firmatari della Proposta di legge n. 2138
All’On Jean Leonard Touadi e Firmatari della proposta di legge n. 2185

Egregi,
la consistente e variegata presenza di stranieri, in particolare
extracomunitari, ha creato, nel nostro Paese, problematiche e bisogni nuovi,
sottoponendo le strutture sociali, politiche ed economiche, nonché le abitudini
culturali e gli stili di vita a forti spinte di trasformazione ed evidenziando la
necessità di sviluppare nuove competenze, in grado di rispondere alle
esigenze dei cittadini stranieri, favorendone l’integrazione.
_________________________________________________________
Per tale motivo e poiché il movimento dei flussi migratori rappresenta un
elemento peculiare della nostra contemporaneità, occorre prepararsi per
affrontare e per governare i cambiamenti dell’assetto sociale e della stessa
fisionomia identitaria del nostro Paese, abbandonando l’idea di
un’immigrazione temporanea, legata alle sole esigenze dei cicli produttivi, in
favore di uno scenario plurilingue, multietnico e multiculturale.
Da tempo in Italia la mediazione interculturale è considerata una risorsa
strategica per una piena integrazione dei migranti. Al momento, tuttavia,
manca una riflessione strutturata sulla mediazione, pur emergendo da più
parti la necessità di una politica organica supportata da una normativa
legislativa.
___________________________________________________________
Il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e
norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, ha riconosciuto, per la prima volta, la figura del « mediatore
interculturale ».
___________________________________________________________
Tuttavia, tale riconoscimento non comporta ancora una definizione univoca di
questa nuova figura professionale su tutto il territorio nazionale, sotto il
profilo del ruolo, delle funzioni, delle competenze professionali, dei percorsi
formativi, della relativa certificazione e del suo riconoscimento legale, così
come manca un’individuazione degli ambiti lavorativi e d’impiego in cui essa
si esplica e la sua presenza tra i profili collocati nel CCNL-Contratto
Collettivo Nazionale di Lavoro.
____________________________________________________________
Ad oggi, alla Camera ci sono due proposte di legge sulla mediazione
interculturale presentate entrambe a febbraio 2009: una il 2 febbraio n. 2138
presentata dall’ On. Di Biagio, a cui ho dato il mio personale contributo in
qualità di coordinatrice per il Sindacato Mediatori Culturali del SeiUGL, e
l’altra n. 2185 del 10 febbraio 2009 presentata dall’ On. Touadì. Tali proposte
di Legge, però, si sono arenate da un anno nella Commissione Affari Sociali.
L’approvazione del nuovo documento CNEL “Mediazione e mediatori
culturali: indicazioni operative CNEL ONC – Organismo nazionale di
coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli stranieri, gruppo
di lavoro sulla mediazione culturale del 29 ottobre 2009″, mette però
tecnicamente in crisi le proposte di legge attuali.
___________________________________________________________
Si tratta, tuttavia, di testi che andrebbero assemblati in un’unica proposta
sulla base delle indicazioni definite dal documento Cnel e dagli atti del tavolo
Interistituzionale indetto dal Ministero dell’Interno, presentati a dicembre
2009 presso il Cnel. L’approvazione di tali disposizioni permetterebbero di
affrontare in modo serio e organico una tematica così delicata e importante
per il nostro Paese, migliorando sensibilmente le condizioni dei mediatori
interculturali i quali, allo stato attuale, sono impiegati nella pubblica
amministrazione e nel settore privato, senza avere alcun riconoscimento di
figura professionale, in una situazione di assoluta precarietà. Inoltre, una
Legge puntuale e precisa sulla figura del mediatore consentirebbe a migliaia
di professionisti immigrati, ma anche a migliaia di giovani italiani laureati
che studiano Scienze Sociali con specializzazione in Mediazione
interculturale, di concretizzare un sogno e dare vita a tante speranze, oltre
che dare dignità professionale e lavorativa.
________________________________________________________
Se è vero come è vero che la figura del mediatore interculturale sia una delle
più richieste e urgenti degli ultimi anni, impegnato come è nel settore
giudiziario, nelle strutture assistenziali pubbliche e private, nella scuola,
nella pubblica amministrazione, nel settore socio-sanitario, nel settore della
pubblica sicurezza, nelle aziende private, dimostrandosi con evidenza una
delle professionalità più idonee per fornire delle risposte alle esigenze di
integrazione in una società, come quella attuale sempre più multietnica e
interculturale, ne consegue sia ineludibile rimuovere gli ostacoli che ne
impediscono il riconoscimento.
_________________________________________________________
Da Presidente di un’Associazione che fin dalla nascita, operando sia sul
territorio pugliese che su quello italiano, è nata da un gruppo di mediatori ed
ha concentrato la propria attività sulla mediazione linguistico culturale e
l’inserimento lavorativo dei mediatori interculturali, e anche da mediatrice
che ha conseguito la propria formazione all’inizio degli anni 2000, sono
impegnata da anni sul tema della mediazione, tanto da contribuire anche ai
contenuti della proposta di legge Di Biagio.
_______________________________________________________
Alla luce di tali riflessioni, ritengo pertanto necessaria ed improrogabile
un’azione di sensibilizzazione finalizzata a raggiungere in tempi brevi
l’obiettivo del riconoscimento della figura del mediatore interculturale, con la
certezza di avere al mio fianco tanti giovani e tanti professionisti che
sostengono insieme a me una simile battaglia di civiltà e amore per il
prossimo.
________________________________________________________
Per tali motivi l’Associazione Integra Onlus, insieme con MNC – Movimento
Nazionale Nuovi Cittadini e l’Associazione Democrazia e Liberta e altre
Associzioni, proporrà un Appello popolare a seguito di una raccolta firme che
coinvolgerà tutta l’Italia e tutti i cittadini e le cittadine che dal 10 dicembre
2010 potranno, come noi, dire la loro e manifestare il proprio “Sì” per il
riconoscimento nel nostro Paese di un ruolo così delicato e importante sotto il
profilo professionale, sociale e culturale.
__________________________________________________________
Fiduciosi in un riscontro positivo, si porgono i più cordiali saluti.
Il Presidente
Dr.ssa Klodiana Çuka

il Riconoscimento della Figura Professionale del Mediatore Interculturale

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