Sulla Kater I Rades: approfondimenti sulla barca addormentata nel Porto di Otranto.

La sera del Venerdì santo del 1997, una piccola imbarcazione albanese stracarica di profughi, la Kater I Rades, viene speronata da una corvetta della Marina militare italiana al largo delle coste pugliesi. È uno dei più gravi naufragi della storia recente del Mediterraneo: muoiono 81 persone, in gran parte donne e bambini. Molti corpi non verranno mai recuperati, i sopravvissuti sono solo 34.
Il naufragio della Kater I Rades, avvenuto in quel lembo di mare che separa l’Italia dall’Albania, mentre nel piccolo paese balcanico infuriava una sanguinosa guerra civile, segna uno spartiacque nella percezione dei viaggi dei migranti. Per la prima volta, l’applicazione delle politiche di respingimento in alto mare provoca un immane disastro. Un disastro politico, non naturale.
Un lungo processo ha provato a ristabilire la verità, cosa sia effettivamente accaduto la sera del 28 marzo del 1997. Tra mille ombre e depistaggi, un briciolo di verità è stato ristabilito. È stato condannato il comandante della corvetta italiana, è stato stabilita la dinamica dell’impatto (in seguito a un lungo, estenuante inseguimento della carretta del mare da parte di una nave molto più grande), almeno in parte è stato smontato il muro di gomma eretto dai militari. Tuttavia è stato impossibile stabilire la responsabilità (pure evidente) degli alti vertici della Marina che hanno impartito gli ordini di harassment, cioè di “disturbo intenzionale” della navigazione di una imbarcazione di civili che scappavano da un conflitto. Non è stato possibile farlo, perché molte prove sono letteralmente “scomparse”.
Di fronte a questa triste vicenda in cui scompaiono dei corpi, e allo stesso tempo la verità circa la loro morte, l’unica operazione dignitosa è quella di provare a ricostruire come sono andate le cose. Non solo: è importante ricostruire la vita delle persone che erano sulla Kater i Rades. Le voci dei sopravvissuti, il dolore dei parenti, le storie minute di chi fuggiva, i loro sogni, i loro desideri, la loro percezione dell’Italia, del rumore del mare, degli ordini della Marina militare.
Da allora sia l’Albania che l’Italia sono molto mutate. I viaggi dei migranti seguono la rotta Nord Africa-Lampedusa. Non più quella che dall’Albania va verso Otranto e il Salento. Benché l’immigrazione sia tuttora l’evento sociale più importante della nostra contemporaneità, una spessa patina di oblio ricopre ciò che accaduto negli anni novanta, quando tutto cioè ha avuto origine in forme più massicce rispetto ai decenni precedenti.
Per questo, ricordare un evento del genere, farlo rivivere ora, a tanti anni di distanza, vuol dire far irrompere quel passato nel nostro presente per meglio comprendere entrambi. Allo stesso tempo raccontare le storie delle vittime, vuol dire ricostruire la loro dimensione umana, vittima – al di là del naufragio – di una intensa opera di disumanizzazione, che incomincia proprio con il negare la complessità delle loro esistenze, riducendole a meri numeri all’interno dei flussi migratori.

Alessandro Leogrande

L’audio documentario “Kater I Rades” è stato presentato in anteprima al festival Teatri di Vetro 7


Se ci riflettete, i viaggi non sono solo le vacanze a cui ambire dopo un anno di lavoro, semmai il lavoro ci è concesso. Il viaggio è anche quello del conterraneo in fuga per la mancanza di lavoro; così, pure, il viaggio è anche quello di chi “fugge” dalle guerre.

Se non avessi riaperto un mio vecchio diario segreto, di quelli che da bambina scrivi solo per te stessa tanto da mettergli il lucchetto (e che io perdevo puntualmente) nemmeno avrei mai ricordato che i migranti morti nel Mediterraneo, non sono solo quelli che tentavano (e tentano) di raggiungere le coste della Sicilia. A pochi kilometri da dove io vivo, nella terra dei trulli, del mare e della pizzica, anni fa arrivavano i barconi carichi di gente all’inverosimile.

Anche l’Adriatico un tempo, piangeva le sue vittime.

Per conoscere ciò che sembra essere diventata una parentesi chiusa  della storia degli anni ’90, a partire da quelle righe di un diario scritto solo quando avevo dieci anni, sono venuta a Otranto.

Al porto dorme, silenziosa, la Kater I Rades, il relitto arrugginito che l’artista greco Costas Varotsos  ha rivestito di lastre di vetro, come a sottolineare la fragilità di chi, su quella barca c’ha lasciato la vita.

Il popolo albanese, in quegli anni, era oppresso, isolato dal resto d’Europa, in balia della crisi economica. Posti in uno stato di incertezza rispetto ad un futuro dalle prospettive annebbiate, cominciarono ad esserci forti ondate migratorie; si arrivava in Italia dove, si diceva, c’erano più possibilità. E qui, in Italia, c’eravamo noi, noi che li abbiamo percepiti come un gruppo di nomadi ignoranti in cerca di una vita più “comoda” piuttosto che di lavoro.

Quella motovedetta addormentata nel porto di Otranto, piange circa cento esseri umani, tra cui anche molti bambini, morti in una fredda notte di marzo che quell’anno (era il 1997), coincideva con il venerdì santo, un giorno in cui quella che ora è solo la carcassa vuota di una barca, venne speronata, fino alla tragedia, affinché fosse respinta dai confini italiani.

Ecco, siamo stati capaci di mettere i muri anche nei mari, fino a vivere con l’illusione che bastino perché ciò che è nostro resti esclusivamente nostro.

I motivi dell’esodo dall’Albania, durato anni, sono da ricercare nelle radici profonde in cui risiede la cattiva gestione del Paese, dove a prevalere non sono affatto gli interessi comuni ma la solita politica inefficiente, incapace di guidare i popoli, come se si volesse comandare girando il mondo al contrario.

Sono tante le riflessioni che vengono in mente.

Più di tutte mi sconvolge quanto e come velocemente possa cambiare l’opinione pubblica che per prima si lascia condizionare da un meccanismo creato ad arte per farci credere ciò che è giusto o sbagliato, chi è il buono e chi il cattivo.

Troppo spesso, ancora, sento dire (ragion per cui continuerò a scriverci su) che i migranti e i profughi, da qualunque zona essi provengano, farebbero meglio a stare a casa loro, perché tanto in Europa le cose non sono messe meglio. E’ la solita superficialità, dilagante, di chi “ignora” e non ha la sensibilità di pensare che potrebbe capitare a chiunque. Avete dimenticato che un tempo gli italiani andavano in America a cercare lavoro? Avete dimenticato la fuga di cervelli che ancora oggi porta via risorse all’Italia?

The Kater I Rades: the sleeping boat at the Port of Otranto

If you think about it, the trips are not only the holidays after a year of work, if we are allowed to work. The trip is also that of our countrymen who go away to look for a job; so, the journey is also that of those who  are on the run from the war. 

If I hadn’t reopened an old secret diary, that you write when you’re a child and that has the lock (I always lost it) I’d never have remembered that the migrants died in the Mediterranean aren’t only ones who try to reach the coasts of Sicily. A few kilometers from where I live, in the land of Trulli, sea and pizzica, years ago a lot of people came from Albania to Italy on boats full over the limit. 

Once, even the Adriatic was crying its victims. 

To understand what seems to have become a parenthesis in the history of the 90’s, from the lines of a diary written when I was ten, I came to Otranto. 

At the Port of Otranto, there’s the Kater I Rades, the rusty wreck that  the greek artist, Costas Varotsos, has coated with glass sheets, as if to underline the fragility of those who, on that boat, lost the life.

In those years, people of Albania were oppressed, isolated from the rest of Europe, at the mercy of the economic crisis. And thus, into that state of uncertainty, with clouded prospects, began the waves of immigration; they arrived in Italy where, it was said, there were more possibilities. And here, in Italy, there were us: we thought they were only a group of ignorant nomads in search of a life more “comfortable” rather than of a job. 

The patrol boat, asleep at the port of Otranto, has to mourn about one hundred people, including many children, who died on a cold night in March; in that Good Friday (it was 1997) the Kaiser I Rader, today only the empty shell of a boat, was rejected by the Italian borders and so, was also rammed untill the tragedy. 

We were able to put the walls even in the seas, living with the illusion that was enough because what is ours, it remains exclusively ours.

 In the years past, the mismanagement of the country, in which the common interests didn’t override, was the cause of the exodus from Albania: the usual and inefficient politic, that wants to rule turning the world inside out.

There are so many thoughts that come to mind. 

Most of all, it astonishes me how much and how quickly it can change the public opinion, influenced by a mechanism created on purpose to make us believe what is right or wrong, who is good and who is bad.

All too often, I still hear (this is why I’ll continue to write about it) that, from whatever area they come from, migrants and refugees would do better to stay at their home, because in Europe the situation is not good. It’s the usual, rampant  superficiality of those who “ignores” and does not have the sensibility to think that “could happen to anyone”. Do you forget that once Italians went to America to look for work? Do you forget  “the brain drain” that still takes away resources from Italy?

Fonte: lavaligiainviaggio


Uomini, donne e bambini che hanno perso la vita nel Canale d’Otranto.

Era il 28 marzo 1997, un venerdì santo, ed erano a bordo della piccola motovedetta albanese Kater i Rades.Promesse di felicità naufragate a una trentina di miglia dalla costa italiana. Perse in un urto con un’altra imbarcazione, la Sibilla, corvetta della Marina militare italiana.
raccontare quel naufragio significa raccontare «la somma di tanti abissi individuali, privati, ognuno dei quali è incommensurabile, intraducibile, mai pienamente narrabile»
La piccola nave da pesca ‘Kater I Rades’, che aveva a bordo 117 persone, si schiantò il 28 marzo 1997, a circa 35 miglia dalla costa pugliese, contro la nave della Guardia Costiera ‘Sibilla’. Le ricerche portarono al ritrovamento solo di 57 corpi.
Fonte: Lecceprima

 

Tragedia della “Kater i Rades”: dopo 16 anni la linea di comando rancora nell’ombra
„LECCE – Non sono bastati sedici anni e due gradi di giudizio per scrivere la verità sulla tragedia della motovedetta albanese “Kater i Rades”, che il 28 marzo 1997, la sera del “Venerdì Santo”, entrò in collisione, nelle acque del Canale d’Otranto, con la nave militare della Marina italiana “Sibilla”, provocando una vera strage. Una delle più grandi tragedie avvenute in mare, frutto delle politiche di respingimento. Cinquantasette le vittime accertate, ventiquattro i dispersi, anche se con ogni probabilità furono almeno un centinaio, le persone a perdere la vita e i cui corpi, mai ritrovati, furono avvolti dalla tomba liquida dell’Adriatico.“

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La Kater I Rades, trasformata dall’artista greco Costas Varotsos.

LECCE – Non sono bastati sedici anni e due gradi di giudizio per scrivere la verità sulla tragedia della motovedetta albanese “Kater i Rades”, che il 28 marzo 1997, la sera del “Venerdì Santo”, entrò in collisione, nelle acque del Canale d’Otranto, con la nave militare della Marina italiana “Sibilla”, provocando una vera strage. Una delle più grandi tragedie avvenute in mare, frutto delle politiche di respingimento. Cinquantasette le vittime accertate, ventiquattro i dispersi, anche se con ogni probabilità furono almeno un centinaio, le persone a perdere la vita e i cui corpi, mai ritrovati, furono avvolti dalla tomba liquida dell’Adriatico.

La “Kater i Rades” (letteralmente “Battello in rada”), una piccola motovedetta militare di produzione russa lunga poco più di 21 metri e allestita 35 anni prima per il trasporto di solo nove marinai, era salpata alle 15 del 28 marzo 1997 dal porto albanese di Valona con oltre 100 persone a bordo,tutti clandestini di nazionalità albanese, in alcuni casi intere famiglie, in fuga dalla grave crisi economica e politica che aveva travolto l’Albania. Uomini, donne e bambini che avevano pagato quel viaggio circa 800mila lire a testa. Gente in fuga da un’Albania dilaniata dalla guerra civile e da una crisi economica devastante.

Almeno 85 persone sepolte in fondo all’Adriatico. La tragedia avvenuta la notte del 28 marzo nel canale d’Otranto.
I fatti sono noti, ma vale la pena ricordarli in un’epoca di informazione usa-e-getta e di perdita della memoria. Era il periodo della rivolta contro il presidente Berisha e le finanziarie truffa. Era il periodo in cui l’esodo verso le coste italiane si era fatto ancora più intenso ed i media gridavano all’invasione dei criminali venuti dai Balcani.
Già il 23 marzo cinque albanesi partiti da Valona erano morti nel tentativo di raggiungere la costa italiana. Non avevano commosso nessuno, anzi era quasi unanime la volontà di fermare l’arrivo dei profughi con qualunque mezzo. Il governo decideva quindi di predisporre il blocco navale denominato in codice “Operazione bandiere bianche”: il compito affidato alle navi della marina militare era di fermare tutte le imbarcazioni dei profughi.
Il dragamine “Kater 1 Rades” parte dall’isola di Sasano, luogo di raccolta dei profughi. Si tratta di una vecchissima imbarcazione militare riadattata per traghettare i profughi. A 35 miglia dalle coste leccesi, in acque internazionali, il Kater è individuato dalle unità italiane ed inseguito per un breve tratto. La nave italiana che più si avvicina è la corvetta Sibilla, che intima l’alt agli albanesi e continua ad avanzare. Non si ferma neanche la nave dei profughi, perché ignora il pericolo o semplicemente perché il mare forza sette non glielo permette. La Sibilla sperona sulla fiancata il Kater. Decine di persone annegano nelle acque gelate, donne e bambini per la maggior parte.
Dal 29 marzo, per qualche giorno, è il tempo delle lacrime di coccodrillo della politica e dei masmedia italiani, di coloro che sono satati i protagonisti della campagna razzista contro gli albanesi. Il governo farfuglia scuse confuse, e non ricorda le profetiche parole dell’UNHCR, l’organismo ONU che si occupa dei rifugiati. Infatti, appena appresa la decisione del blocco navale, dalle Nazioni Unite erano arrivate pesanti critiche contro un’azione che mirava a fermare i profughi in acque internazionali. E’ bene ricordare che l’accoglienza dei rifugiati era un dovere per il governo , in ossequio alla Costituzione (art. 10) ed ai trattati internazionali.
Il 30 marzo, domenica di Pasqua, i primi superstiti giungono a Brindisi. Alcuni parenti delle vittime urlano “italiani assassini” di fronte alle telecamere. E’ il momento di massimo sconcerto anche per i razzisti più duri. Rimane imperturbabile solo il vertice della Marina militare: l’ammiraglio Mariani spiega ai giornalisti che la colpa è degli irresponsabili albanesi, “perché sono loro che sono venuti addosso a noi”.
A novembre, a circa sette mesi dalla strage, le salme sono state recuperate e trasportate in Albania, per i funerali svolti alla presenza della autorità albanesi ed italiane. Si è detto da più parti che è stato questo l’epilogo delle vicenda.
Ma la strage non è finita. Poco più tardi, il 21 novembre, avviene l’ennesimo naufragio nel basso Adriatico. Due gommoni affondano, cinque albanesi muoiono, undici sono dichiarati dispersi ed altrettanti sono i superstiti. Partiti da Durazzo, sono rimasti per quattro giorni in balia del mare in tempesta. Una imbarcazione si è danneggiata già a poche ore dalla partenza, e quando i soccorsi sono giunti hanno trovato solo pochi superstiti stremati dalla fame e dal freddo. Tra le vittime una bimba di cinque anni morta di freddo tra le braccia della madre, aggrappata come gli altri al relitto del gommone.
Solo nel Marzo 2005 il tribunale di Brindisi ha condannato a tre anni di reclusione l’ufficiale della marina militare italiana Fabrizio Laudadio: quella sera era al comando di nave Sibilla che si scontrņ con una carretta del mare, la motonave albanese Kater I Rades.Il comandante Laudadio, da solo e in solido col ministro della Difesa italiano, è stato anche condannato al risarcimento dei danni alle parti civili, compreso lo Stato albanese.
Dopo 11 anni sono gli albanesi d’Italia, che due giorni fa hanno manifestato in p.zza della Repubblica a Roma per ricordare i dispersi in mare. La manifestazione si è svolta verso le 15:00 ed è durata 2 ore. Hanno partecipato a questa manifestazione rappresentanti di diversi organizzazioni da tutto il mondo.
Tutti i manifestanti volevano un unica cosa, sapere la verità riguardo alla nave che è affondata e punire i responsabili. Nel discorso tenuto da Vladimir Kosturi, presidente dell’Associazione albanese “Iliria” ha detto: “Dobbiamo essere uniti, cercare i nostri diritti e non arrendersi davanti alle difficoltà del razzismo che subiamo”. Durante la manifestazione diversi episodi di razzismo sono stati menzionati ricordando che bisogna lottare contro questi episodi perché non succedano più.

28 MARZO 1997 – 28 MARZO 2013 “Una data già dimenticata”

Klodiana Çuka, presidente di Integra Onlus: “Provo profondo rammarico per come le istituzioni abbiano già dimenticato l’avvenimento e per come il Comune di Otranto in particolare abbia gestito il monumento dedicato alle vittime. Nessun lancio di fiori, ma solo la proiezione in aprile del film “Anija”, del regista Sejko” 

Sono passati esattamente 16 anni da quando nel pomeriggio del 28 Marzo 1997, 108 albanesi, tra cui donne e bambini, persero la vita nel canale d’ Otranto. Nel primo pomeriggio di quel 28 Marzo la nave Kater I Rades era salpata da Valona, con a bordo gente che scappava dalla guerra.

Le imbarcazione della Marina Militare italiana, avvistata la barca in mare aperto, iniziarono le cosiddette manovre di allontanamento ,non avendo tale barca l’autorizzazione per l’attraversamento. Una delle navi, la Sibilla, si avvicinò troppo, causando l’affondamento della Kater . Questo è ciò che è accaduto secondo la testimonianza dei sopravvissuti.

 La tragedia avvenuta nell’ambito dell’operazione di “respingimento profughi”  e ribattezzata la “Strage del venerdì santo”, ha dato avvio a un processo durato per anni. Dal quel venerdì santo di sedici anni fa le associazioni antirazziste pugliesi ricordano la tragedia lanciando fiori in mare, con la speranza che il ricordo di simile tragedi si conservi e  non ci si ritrovi più a piangere simili morti. Il desiderio di non dimenticare ha inoltre reso possibile il salvataggio del relitto grazie a Integra Onlus, che quest’ anno in aperta polemica con le istituzione ha deciso di non manifestare in alcun modo.
Klodiana Cuka, presidentessa di Integra spiega :” La giornata del 28 Marzo 2013 la ricorderemo senza nessun evento in particolare. Nessun lancio di fiori nel Canale di Otranto. Purtroppo devo constatare che le istituzioni hanno già dimenticato la tragica ricorrenza e una certa negligenza da parte del comune di Otranto per la scarsa sensibilità dimostrata nel cercare di recuperare un monumento dedicato alle vittime. Ci riserveremo soltanto di proiettare ad Aprile il film “Anija” del regista albanese Roland Sejko, che ne ricostruisce la storia“.
Infatti, i lavori di recupero del relitto ,che si trova a Otranto, non sono stati portati a termine. I visitatori che si trovano nella città Pugliese non hanno la possibilità di sapere il significato della nave, dal momento che non è stata realizzata neanche una targa di ricordo

La Corte d’appello, dopo aver recuperato il relitto “scomodo” del Kater I Rades, ne ha disposto il trasferimento ad Otranto, affinchè diventasse monumento in ricordo delle vittime. Purtroppo i lavori di recupero non sono mai stati portati a termine. Non è stata nemmeno realizzata una targa di ricordo che spiegasse ai visitatori di Otranto il significato della nave. Intanto, al di là dell’Adriatico le famiglie delle vittime piangono ancora i loro cari dimenticati.

Le fotografie scattate dalla stessa presidente Cuka testimoniano l’abbandono.

“Con dolore e sdegno ho fatto queste foto a Otranto. Invece della nave della memoria oggi la definirei la nave della discordia. Insieme ad altre tante persone siamo saltati di gioia quando abbiamo compreso di aver salvato il relitto. Ma poi chi gestisce interessi e fondi ha deciso renderla in nave della discordia – dichiara la presidente -. Non trovo parole e neanche scusanti per giustificare e o comprendere la trascuratezza ed i motivi che hanno ucciso definitivamente ciò che voleva essere un opera d’arte. Transenne e vetri rotti! Penso e non solo io, che chi ha perso la vita nella pancia di quella nave, preferisce che quel rottame sia rimosso, piuttosto che sia una massa di vetri e ruggine senza identità e senza neanche una targa di commemorazione promessa dalle istituzioni coinvolte e mai realizzata! Politici e tecnici delle istituzioni non possono bendare gli occhi e perdere persino la sensibilità umana, perché impegnati in facendo più importanti che l’arte e le politiche migratorie”.

 

La storia vicenda della Kater

Nel primo pomeriggio del 28 marzo 1997 la Kater i Radës era salpata da Valona. All’interno viaggiavano donne e ragazzi che scappavano dalla guerra. In mancanza di indicazioni precise sulle procedure da attuare in caso di attraversamenti non autorizzati del Canale d’Otranto, cinque imbarcazioni della Marina militare italiana, una volta avvistata la barca in mare aperto, si avvicinarono e misero in atto le cosiddette manovre di allontanamento.
Una delle navi italiane, la Sibilla, si avvicinò troppo, toccando la Kater e causandone l’affondamento. Questo quello che raccontano i superstiti. Ne seguì un processo che durò per anni.
Per avere maggiori informazioni consultare il sito dell’associazione www.www.associazioneintegra.eu


LE INIZIATIVE PER NON DIMENTICARE  LA TRAGEDIA DELLA KATER I RADES:

28 marzo 2012

28 marzo 1997-28 marzo 2012

Le iniziative a Brindisi per ricordare la strage del canale d’Otranto.   

le foto, il comunicato di ringraziamenti per la partecipazione, il report

 LA LOCANDINA DELL’EVENTO

Quest’anno, l’anniversario della strage di donne e bambini albanesi morti affogati all’interno della barchetta albanese Kater I Rades , speronata nel Canale d’Otranto durante una operazione di “respingimento di profughi”,  il venerdì Santo di quindici anni fa , verrà ricordato  qui a Brindisi con una duplice iniziativa che coinvolgerà cittadini italiani e albanesi , associazioni antirazziste e giovani artisti.

Con la sentenza del tribunale  di appello di Lecce, del 28 giugno 2011, la vicenda processuale  nei tribunali pugliesi si può dichiarare conclusa e non ci illudiamo che in Cassazione si possano avere dei colpi di scena tali da riportare sul banco degli imputati i mandanti di quella strage: ovvero la classe politica al governo e all’opposizione in  quel lontano 1997 che, in piena tornata elettorale , si cimentò in una campagna razzista e di terrorismo mediatico dipingendo i profughi albanesi come la peggior specie dell’Umanità.

 

Da quindici anni,le associazioni antirazziste  pugliesi, celebrando il 28 marzo con il lancio dei fiori in mare, hanno ostinatamente affermato che simili follie sono sempre in agguato quando  l’intolleranza e  l’odio xenofobo sono utilizzati per raccogliere voti e consenso.

Noi crediamo, invece, che la  solidarietà umana  che mosse la popolazione brindisina  nel’91, ad accogliere e 20.000 albanesi , è l’esempio utile da cui costruire politiche di accoglienza e reciproco confronto tra popoli e che Brindisi  possa avere un ruolo importante in ciò.

 

Oggi la Kater i Rades , un relitto “scomodo”  è stato smembrato ed in parte trasferito ad Otranto , ma essa, e il ricordo e il dolore per le sue giovani vittime,  continuerà a vivere a Brindisi, nel nostro impegno e nei  nostri cuori di antirazzisti ma anche,  grazie all’impegno civile di un gruppo di giovani artisti, ricercatori del luogo e dell’opera del regista Francesco Niccolini, con la rappresentazione teatrale “Kater I Rades, primo movimento ”  che sarà effettuata in pubblico per la prima volta a Brindisi alle 18,30  del 28 marzo 2012 presso la Casa del Turista (lungomare del porto).

 

Invitiamo tutti  il 28 marzo 2012  a Brindisi

Ore 17.00 sul lungomare del porto (antistante i giardinetti) ricordo dei naufraghi e lancio di fiori in mare

Ore 18.30 Casa del Turista (lungomare, pressi palazzo Montenegro) : rappresentazione “Kater I Rades, primo movimento” di Francesco Niccolini

Ore 20.00 Replica della performance

 

Ricordiamo a tutti che la rappresentazione teatrale , pur essendo gratuita,   avendo un numero di posti limitati (81, quante furono le vittime accertate dalle sentenze dei tribunali) è possibile parteciparvi solo dietro prenotazione telefonica al numero:331 3477311 info www.cooperativathalassia.it

 

Per info adesioni manifestazione Osservatorio sui Balcani di Brindisi 338 5872349 –368 582406 

Si allegano locandina dell’evento, comunicato stampa congiunto degli organizzatori dell’evento e foto manifestazione settembre 97

OSSERVATORIO SUI BALCANI DI BRINDISI


Nell’ambito del laboratorio di ricerca e narrazione organizzato dalla residenza teatrale CETACEI.

La residenza teatrale CETACEI di Maccabeteatro e Thalassia è un progetto TEATRI ABITATI, una rete del contemporaneo, progetto finanziato dal FESR ed affidato dalla Regione Puglia-­‐ Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo al Teatro Pubblico Pugliese.

 

In collaborazione con CAFFE’ LIBRERIA CAMERA A SUD, Brindisi

 

Erano quasi le sette di sera del 28 marzo 1997, venerdì di Pasqua. In Albania c’era la guerra civile e la gente scappava come poteva dall’altra parte del Canale d’Otranto. In Italia montava la paranoia dell’invasione albanese e si apriva la stagione dei respingimenti. Alle 18,57 la Kater i Rades, una piccola motovedetta partita da Valona stracarica di profughi, affonda nello scontro con la corvetta della Marina Militare Italiana Sibilla e cola a picco: 57 morti, soprattutto donne e bambini, 24 dispersi e 34 superstiti.

81 vittime: lo stesso numero di vittime della strage di Ustica, lo stesso muro di gomma.

Il naufragio della Kater i Rades è una pietra di paragone perché, a differenza dei molti altri avvolti nel silenzio, è possibile raccontarlo.”

 

Alessandro Leogrande (Taranto 1977) è vicedirettore del mensile “Lo straniero”. Cura una rubrica settimanale sul “Corriere del Mezzogiorno” e collabora con quotidiani e riviste, tra cui “Saturno”, inserto culturale de “il Fatto Quotidiano”. Dopo l’esordio con Un mare nascosto (L’ancora del Mediterraneo 2000), un’inchiesta sulla sua città d’origine, stretta fra crisi industriale, inquinamento e ascesa del telepredicatore Giancarlo Cito, Alessandro Leogrande ha raccontato con reportage narrativi le nuove mafie, i movimenti di protesta, lo sfruttamento dei braccianti stranieri nelle campagne: Le male vite. Storie di contrabbando e di multinazionali (L’ancora del Mediterraneo 2003; nuova edizione Fandango 2010); Nel paese dei vicerè. L’Italia tra pace e guerra (L’ancora del Mediterraneo 2006); Uomini e caporali. Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud (Mondadori 2008, con cui ha vinto il Premio Napoli – Libro dell’Anno, il Premio della Resistenza Città di Omegna, il Premio Sandro Onofri, il Premio Biblioteche di Roma). Ha curato le antologie Nel Sud senza bussola. Venti voci per ritrovare l’orientamento (L’ancora del Mediterraneo 2002, insieme a Goffredo Fofi) e Ogni maledetta domenica. Ottostorie di calcio (minimum fax 2010).

 

Francesco Niccolini (Arezzo, 1965). Drammaturgo, sceneggiatore, talvolta regista.

Da molti anni lavora, studia e scrive con Marco Paolini: il loro ultimo lavoro è ITIS Galileo.

Ha scritto testi e spettacoli per Sandro Lombardi, Arnoldo Foà, Anna Bonaiuto, Luigi D’Elia, Massimo Schuster, Antonio Catalano, Enzo Toma, Fabrizio Saccomanno e molti altri.

Ha collaborato con Radio3 e con la Televisione Svizzera Italiana.

Tiene corsi e laboratori di scrittura teatrale e drammaturgia in Italia e all’estero, in particolare dirige da dieci anni la non scuola di Rosignano Marittimo e da quattro anni è uno dei docenti di drammaturgia di Prima delTeatro (San Miniato, Pisa).

Tra le sue ultime pubblicazioni: La guerra grande dell’Arno (2011, audio libro Scienza express), Trilogia del Salento (2009, Titivillus).

INFO: RESIDENZA CETACEI di MACCABETEATRO e  THALASSIA


Appello agli antirazzisti pugliesi  per mobilitazione su prossima  sentenza Kater I Rades

28 giugno 2011 al  tribunale di Lecce sarà emessa una sentenza attesa 14 anni dai familiari e i superstiti della Kater i Rades  che chiedono di avere giustizia per il centinaio di uomini, donne e bambini che perirono nello speronamento della nave albanese da parte della corvetta Sibilla della Marina Militare Italiana nel  marzo del 1997, nel canale d’Otranto.

Grandi sono le preoccupazioni da parte degli avvocati che patrocinano gli interessi degli albanesi  sul rischio che il 28 giugno possa scaturire un giudizio che veda assolto lo stato italiano e la Marina per quella strage , capovolgendo il giudizio di primo grado emesso dal Tribunale di Brindisi.

I timori provengono dalla requisitoria della Pubblica Accusa, a dir poco benevola nei confronti della Marina e dello Stato Italiano, ma anche dal clima politico attuale  che vede a livello nazionale  forze come la Lega fare della lotta all’immigrazione clandestina il cavallo di battaglia  e leva di ricatto nei confronti del traballante governo Berlusconi.

Ricordiamo come, quegli esponenti leghisti, che nel marzo 1997 invocavano di prendere a cannonate gli albanesi che fuggivano dall’Albania in piena guerra civile, oggi sono gli stessi che chiedono che le navi della NATO ( e quindi anche dell’Italia ) si facciano carico di bloccare coloro che fuggono dalla Libia  in fiamme, tra combattimenti, bombardamenti e stragi di civili.

Così , tra l’ipocrisia generale, si sta celebrando in queste ore la Giornata  Mondiale del Rifugiato, tra convegni e visite di attrici famose  improvvisatesi ad ambasciatrici ONU  a Lampedusa, tra lacrimucce , belle parole e promesse di premi Nobel  per l’isola ,  mentre ben altra è la realtà   che debbono affrontare  i migranti che cercano di arrivare in Italia ed in Europa

 

Facciamo appello a tutte le forze antirazziste pugliesi di esser presenti la mattina del 28 giugno2011 ( dalle 0900 circa) dinanzi al tribunale di Lecce ad un presidio di solidarietà ai parenti delle vittime albanesi  ma anche a  tutti i migranti  che con le nuove norme segregazioniste , quali quella dei 18 mesi  di reclusione nei CIE , sono trattati come se fossero  tra i peggiori criminali e che,  se venissero accolte le richieste leghiste sull’embargo correrebbero il rischio di veder aumentare ancor di più le tragedie del mare che sino ad ora mietuto migliaia di vittime, comprese quelle della Kater i Rades

 

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

Antirazzisti brindisini

Info: 

Brindisi 19 giugno 2011


Brindisi 28 marzo2011 ore 16.30

Lancio di fiori in mare e interventi: Salviamo la Kater i Rades dal macero! Partecipa Alex Zanotelli

report e foto 

VIDEO1

VIDEO2

La strage del Canale d’Otranto  ricordata a Brindisi dalle associazioni antirazziste.


Alcune decine di rappresentanti  delle associazioni antirazziste della provincia di Brindisi e di Lecce si sono riuniti insieme ad albanesi e cittadini comuni sul molo antistante al capitaneria di Porto a Brindisi per ricordare il 14 esimo anniversario della strage di albanesi della Kater i Rades avvenuta il 28 marzo  1997 nel Canale d’Otranto.

Quest’anno l’anniversario  è caduto in un momento molto simile a quello in cui avvenne la tragedia che costò la vita ad un centinaio di donne e bambini  che fuggivano da Valona in piena guerra civile.

In questi giorni  alcune migliaia di nordafricani giunti sulle coste italiane,  così come allora per gli albanesi , sembrano esser divenuti un problema insormontabile dall’Europa dell’EURO, la moneta e intorno ai problemi dell’accoglienza di questi esseri umani sta montando  un allarme mediatico al limite del razzismo e che sembra foriero di iniziative  che potrebbero ingenerare tragedie come quelle della Kater I Rades: respingimenti in mare, abbordaggi di barconi carichi di profughi, rimpatri forzosi, ecc

Per questo motivo lo stesso Padre Alex Zanotelli ha voluto esser presente  a Brindisi alla annuale commemorazione dell’affondamento della nave albanese Kater I Rades, dichiarando la sua vicinanza al popolo dei migranti che assumerà proporzioni colossale se non si porrà freno ad un modello di vita, a un Mercato  dalle leggi spietate che produce devastazione di territori, impoverimento di culture, danni all’ambiente e alla dignità umana .Creare economie solidali e sostenibili è la soluzione che può frenare l’impulso delle genti a staccarsi dalla propria terra, ha affermato lo stesso Padre Alex.

Gli interventi delle associazioni antirazziste brindisine e leccesi hanno teso a ricordare come sia importante mantenere viva la memoria della tragedia della Kater I Rades, della voglia di giustizia dei familiari delle vittime che attendono dopo 14 anni la sentenza di Appello presso il tribunale di Lecce.

L’iniziativa di oggi non era comunque solo commemorativa , ma anche per richiamare l’attenzione su un processo che il 28 giugno 2011 molto probabilmente vedrà  a Lecce, emessa una sentenza  molto importante che potrebbe render giustizia  ,o al contrario deludere coloro che da tanto tempo la attendono.

Per questo motivo le associazioni antirazziste  si impegnano a promuovere una mobilitazione in quella data ( 28 giugno) onde evitare che,  qualunque sia la sentenza,  essa  non passi sotto il silenzio dei media, giornali e TV:

Ma  l’iniziativa di oggi è stata fatta anche per dare voce alla richiesta che proviene dai familiari delle vittime e dai loro albanesi , alla Marina Italiana, ai giudici, allo Stato italiano, a quello albanese,  che lo scafo della Kater I Rades non venga mandato alla rottamazione,  come invece  è stato disposto dagli stessi giudici di Lecce,  che hanno solo dato una proroga di 30 giorni ad un loro precedente decreto che voleva la distruzione dello scafo a partire dal 31 marzo di quest’anno,  se l’ambasciata albanese in Italia non avesse fatto sapere la volontà di riprendere i resti della Kater I Rades.

“- Raccogliamo una petizione  di firme, da entrambe  le sponde dell’Adriatico, affinché si faccia pressione sullo Stato italiano e su quello albanese affinché la Kater I rades non venga distrutta! Coinvolgere  parlamentari di entrambi i paesi, amministratori locali, affinché questo pezzo di memoria della emigrazione albanese e non solo, non venga distrutto”-

Questa è stata una delle proposte fatte dagli albanesi presenti  alla cerimonia a Brindisi ed accolta dagli antirazzisti del luogo.

Molte le proposte su come farlo: far stanziare fondi affinchè la nave possa ritornare a Valona come chiedono i familiari delle vittime e, se ciò non fosse possibile, richiedere al Comune di Brindisi, provincia e regione Puglia , che si trovi un’area dove ospitare lo scafo della Kater  affinché esso sia un ricordo perenne delle tragedie vissute da tutti coloro che sono costretti ad emigrare dal loro paese di origine.

 

“- Brindisi nei giorni scorsi ha ricordato, con grandi cerimonie e convegni,  l’accoglienza che diede nel marzo 1991 a 20000 albanesi, perché oggi non potrebbe accogliere  questa piccola nave che fu la bara di tanti innocenti?”-

Nei prossimi giorni si è quindi deciso di dare avvio ad una serie di iniziative per sensibilizzare opinione pubblica e classe politica locale su tali richieste.

Commovente prima del lancio dei fiori è stato il recitare ( in lingua albanese)  da parte  di una giovane  albanese, che vive a Brindisi,  della poesia del poeta albanese :Visar Zhiti,  dedicata alla “nave piena di angeli che scese verso gli abissi…a cercare le nostre coscienze smarrite “

La poesia inizia così:

 ELEGIA PER I NAUGRAGHI DEL VENERDI SANTO

Le onde del terrore si avvicinano alla costa,
il lamento bagna i miei piedi
penetra nel corpo,
scuotono il cuore, barca speronata
che cala
a picco.
In fondo al mare
come nella profondità della terra
sono andati i bambini – angeli
e le donne – sirene di tragedia…

Al termine della lettura si è proceduto al lancio dei fiori in mare: il primo è stato un bambino di pochi anni,  così come lo erano i figli di Krenar e Mirto Xhavara, di Demiri, di Bestrova, Bekotara e tanti altri , che morirono affogati rinchiusi nello scafo della Kater,  poi ad uno ad uno , italiani ed albanesi hanno lanciato i fiori in mare , in silenzio.

L’avvenimento è stato seguito con molto risalto da tutte le televisioni locali, regionali e dalla RAI, oltre che dai giornali, con molta soddisfazione degli organizzatori dell’iniziativa che lamentavano l’assenza dei media  nelle commemorazioni degli anni precedenti. Presenti all’iniziativa rappresentanti di tante associazioni antirazziste , ambientaliste e pacifiste: l’Osservatorio sui Balcani di Brindisi, Rete antirazzista Salento, NO-CIE Brindisi, Huipalas-Msagne, Emergency, Rete civica brindisina, Forum acqua Pubblica, COBAS , ANPI, del commercio equosolidale , di associazioni femministe come IO DONNA e AIDA e tante altre  che ,ancora una volta , dimostrano che Brindisi e la Puglia sono terra di solidarietà e dialogo tra popoli.

Report redatto dall

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

Brindisi 28 marzo 2011

            28 MARZO 1997-28 MARZO 2011  

             UNA STRAGE DA NON DIMENTICARE

       KATER I RADES ,  UNA NAVE DA SALVARE!

 

Quest’anno la commemorazione della strage di albanesi del Venerdì Santo del 1997   si coniuga  con il ventennale dell’arrivo della prima ondata di profughi albanesi, quelli  del 1991,   ma anche con  il particolare e difficile momento che stanno vivendo altri popoli al di là delle nostre coste, in Nord Africa,  dove guerre civili, bombardamenti,  violazione di diritti umani  e richieste di migliori condizioni di vita costringono ancora una volta a fuggire dal lor paese   migliaia di esseri umani, così successe agli albanesi durante la guerra civile del marzo 97.

 

14 anni  sono passati da quella strage del 28 marzo 97, in cui morirono un centinaio di donne e bambini rimasti intrappolati nella piccola nave albanese Kater I Rades,  abbordata  dalla corvetta Sibilla della Marina Militare Italiana a cui era stato ordinato di fermare i profughi ad ogni costo .

 

Quella nave, e quei poveri corpi,  attesero sei mesi prima di essere recuperati e fu possibile ciò solo  grazie alle manifestazioni di protesta e gli appelli di associazioni e dei famigliari delle vittime , che  ritenevano essa portasse sul suo scafo i segni evidenti di un urto doloso.

Oggi quella nave, che fu la tomba di tanti esseri innocenti, giace abbandonata in un’area dismessa della Marina Militare a Brindisi,  riducendosi giorno dopo giorno in un ammasso di ruggine  e corre il rischio di essere rottamata su richiesta dei giudici della corte di Appello di Lecce ( ove si sta celebrando il processo di secondo grado),  se entro pochi giorni il governo di Tirana non se la porti via.

Le associazioni antirazziste brindisine,   tra le quali l’Osservatorio sui Balcani di Brindisi e l’Osservatorio Permanente  Italia-Albania,  e i famigliari delle vittime, chiedono invece che si dia seguito alle promesse fatte all’indomani dell’affondamento della Kater I Rades, ovvero che essa sia riportata a Valona e di essa se ne faccia un monumento-museo alla memoria dell’emigrazione albanese, o in alternativa,qualora il governo albanese non sia disponibile a ciò,  si trovi un’area nella nostra città ove essa sia ospitata e restaurata  e divenga patrimonio della città che accolse a braccia aperte 20.000 albanesi.

 

                          Per questi motivi  

                      lunedì 28 marzo 2011 ore 16.30 

    presso il molo antistante la capitaneria di Porto di Brindisi

 

               sarà effettuato un lancio di fiori in mare,

             con interventi delle associazioni antirazziste

           e con la presentazione della campagna per ottenere

                              lo stanziamento dei fondi per

                 il salvataggio della KATER I RADES 

                e la raccolta delle adesioni a questo progetto.

 

OSSERVATORIO SUI BALCANI DI BRINDISI

OSSERVATORIO PERMANENTE ITALIA-ALBANIA

Per info:osservatoriobrindisi@libero.it

Brindisi 24 marzo 2011 cip via lucio strabone38   


Alex Zanotelli a Brindisi il 28 marzo a parlare con gli studenti e a ricordare la strage di albanesi del Canale d’Otranto e tutte le tragedie dell’immigrazione 

Giornata densa di impegni  a Brindisi per il padre comboniano Alex Zanotelli che lunedì mattina incontrerà gli studenti dell’Istituto Fermi per parlare con loro di acqua pubblica, difesa dei beni comuni, dell’ambiente, della salute, per uno sviluppo ecostenibile e per propagandare stili di vita più equilibrati in un mondo che sta incominciando a risentire di una crisi profonda dai molteplici aspetti.

Nel pomeriggio alle 16.30  padre Alex Zanotelli, insieme alle associazioni antirazziste del territorio brindisino,  parteciperà alla cerimonia,  con lancio di fiori in mare,  presso il molo antistante la Capitaneria di Porto di Brindisi.

Sarà l’occasione per ricordare i morti  della strage del Canale d’Otranto del 28 marzo 1997 che,  a 14 anni di distanza,   aspettano ancora giustizia,  mentre il Tribunale di Lecce sta per emettere il giudizio di appello e la Kater I Rades , la nave che divenne la loro bara, ripescata e giacente presso un’area della Marina Militare Italiana,  corre il rischio di  essere mandata al macero.

Una decisione alla quale familiari, superstiti e vittime della strage e le associazioni antirazziste si oppongono,  richiedendo il suo salvataggio per farne un museo della memoria dell’immigrazione. Ma si tratterà anche di far sentire una voce diversa  sul capitolo migranti\profughi tunisini che stanno arrivando in queste ore a centinaia presso la tendopoli di Manduria dopo il trasferimento via mare da Lampedusa, ma anche sulla presenza  del contestato centro CIE di Restinco alle porte di Brindisi.

 

Infine  Alex Zanotelli, alle 18.00, sarà presente  a Mesagne , al Frantoio Ipogeo,ospite dell’associazione Huipalas per festeggiare  la nuova “Bottega del Mondo” del commercio equo e solidale che nasce grazie ad un gesto di grande solidarietà da parte dell’associazione Runi Runi  che l’ha donata a titolo gratuito a Huipalas affinché essa continui ed allarghi  l’opera di sensibilizzazione su forme alternative di commercio tra popoli, al di fuori da logiche di mercato, imperniate allo sviluppo sostenibile  e alla solidarietà umana.

 

Antonio Camuso


La strage dimenticata del Canale d’Otranto

28 marzo 1997- 28 marzo 2010

( pubblicata sul Manifesto alla pagina

http://www.ilmanifesto.it/io-manifesto/lettere-e-filosofia/)

e sul Quotidiano di Brindisi-Le-Ta il 29 marzo 2010

Oggi saranno le margherite e gli altri fiori, che crescono spontaneamente in quell’area dimessa dalla Marina Militare dove giace la nave albanese Kater I Rades, a dare un ideale saluto alle vittime della strage del Venerdì Santo di 13 anni fa .

Una strage avvenuta in pieno clima elettorale , in cui la crociata anti-immigrati clandestini ed in particolare albanesi faceva riempire le prime pagine dei giornali e riempiva la bocca dei politici nostrani.

Un clima di intolleranza , di  propaganda razzista misto con l’agitare oscure paure di invasioni di alieni sporchi, brutti e cattivi influenzò le scelte dell’allora governo in carica, Prodi, nel richiedere  alla Marina Militare italiana di respingere con la forza i profughi albanesi che , 13 anni fa, in queste ore, fuggivano sulle carrette delle mare e imbarcazioni di fortuna da un paese in piena guerra civile, per raggiungere i porti pugliesi

La conseguenza di ciò fu che la corvetta Sibilla speronò la Kater I Rades in acque internazionali determinando la morte di un centinaio di civili albanesi, gran parte donne e bambini.

Quest’anno la coincidenza della giornata elettorale ha impedito l’organizzazione di una iniziativa di commemorazione di quella strage, rinviandola in un momento più propizio, ma il nostro cuore di antirazzisti, oggi  alle 19.00( l’ora dell’affondamento) sarà idealmente vicino a Sulejmani Alban di 4 anni, a Xhavara Credenza di 6 mesi, a Bala Besmir  di 10 anni, Bestrova Dritero di10 anni, Bestrova Kostantin di 2 anni, Sula Kedion di 2 anni, Sula Ervin  di 15 anni,  Basha Zhylien 3 anni, Greco Kristi 3 mesi, Demiri Lindita 12 anni, Xhavara Gerald   e xhavara Majilinda  di 5 anni   e la loro sorellina Kamela di 10 anni  e tanti altre loro fratelli e sorelle , mamme  e padri scesero con loro negli abissi a cercare le nostre coscienze smarrite…

E come ogni anno sentiremo accanto a noi la presenza di Giuseppe Baffa  “l’avvocato degli albanesi” , calabrese che  esattamente 10 anni fa morì alle porte di Brindisi in un incidente stradale mentre veniva a difendere le ragioni dei naufraghi al processo per la strage del Canale d’Otranto.

Una richiesta di giustizia  che ancor oggi giunti al processo di appello rimane ancora inevasa  ma che noi continueremo ostinatamente a voler ottenere.

 

Antonio Camuso ( Osservatorio sui Balcani di Brindisi)

Aprile Roberto ( Osservatorio Italia-Albania)

Brindisi 28 marzo 2010


2009

12 anni fa la strage del canale d’Otranto

Pochi quest’anno si son ricordati che il 28 marzo era la tragica ricorrenza dell’affondamento della nave albanese, carica di profughi, per mano di una corvetta della nostra Marina Militare.

Una strage maturata nel corso di un’orchestrata campagna di odio contro gli albanesi che si erano ribellati con le armi alla truffa delle finanziarie-fantasma che, sotto l’occhio benevolo del governo Berisha,  avevano derubato i risparmi degli albanesi

Chi fuggiva dalla guerra civile, in Italia fu accolto prima con diffidenza ed infine con ostilità,  mista con la  paura orchestrata da una campagna mediatica contro l’etnia albanese definita la più cattiva tra quelle europee e dove tutti i partiti fecero a gara,  in vista delle elezioni, a fare il muso duro…

Troppe le analogie con i giorni d’oggi e se non si affondano le navi dei migranti ,in compenso li si rinchiude in gabbie come cani randagi o si preferisce delegare il ruolo di accalappiacani alle bande armate nel Sahara, attraverso accordi che ricordano lugubremente quello, con Berisha, al quale si appellava il governo Prodi , nel marzo del 1997 per giustificare il disastroso intervento della nave Sibilla contro la barchetta albanese Kater i Rades.

12 anni in cui il dolore dei superstiti e dei familiari è stato spento dal lento scandire  della “giustizia” dei tribunali italiani, dalle pressioni e dal pugno di denari offerti alle parti offese per evitare le cause civili, ma non domato dall’ostinazione di chi non si è arreso, tra gli avvocati o tra gli albanesi.

Morto in un tragico e misterioso incidente l’avvocato Baffa, col quale collaborammo per l’affermazione della verità, usciti di scena politici ed ammiragli , il processo terminava con una condanna  “all’italiana”: qualche anno di carcere erogato ai due comandanti delle navi , l’equivalente di un omicidio colposo per cause automobilistiche come uno dei tanti che avvengono sulle strade italiane e lo stato italiano praticamente assolto.

Molto presto si riaprirà il processo d’Appello, mentre la piccola motovedetta albanese Kater I rades giace ridotta ad un ammasso di ruggine, in una piccola area della Marina militare  a Brindisi. Passato è il tempo che i governi Prodi e D’Alema promettevano che l’avrebbero rimpatriata per farne un mausoleo alle vittime del canale d’Otranto a Valona, oggi quei soldi si preferisce utilizzarli per i rimpatri forzati di altre “pericolose etnie”.

Noi, comunque,  non dimentichiamo a Brindisi e proseguiamo il nostro impegno alla ricerca della verità ed in questi giorni sulle pagine dell’Osservatorio sui Balcani di Brindisi, www.pugliantagonista.it/osservatorio.htm

all’interno del sito www. Pugliantagonista.it abbiamo incominciato a riversare foto,  documenti, mostre ed inserito su you tube http://www.youtube.com/watch?v=0pWND0SLGTI&feature=

channel_page  il filmato dell’arrivo in porto della Kater ripescata sette mesi dopo. Ad esse presto ne aggiungeremo altre, onde mantenere viva l’attenzione su quella tragedia dell’immigrazione.

Antonio Camuso

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

www.pugliantagonista.it/osservatorio.htm

Brindisi 29 marzo 2009

pubblicata su :Messaggero:it,

 BellaCiao:org

pubblicata su www.micromega.net nello spazio”cara MicroMega”

su Pane e lerose
http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o14639

iniziative in altre parti d’Italia

http://fdcaroma.blogspot.com/2009/03/

avigliana-scarpe-vecchie-e-manichini.html

Questa notte, a 12 anni dalla strage, alcuni antirazzisti e antimilitaristi hanno appeso alle finestre all’ingresso della Azimut di Avigliana due striscioni con le scritte “No alle produzioni di morte, no all’industria della guerra”, “In memoria del 106 morti della Kater IRades”.
Appoggiato all’ingresso un manichino bianco macchiato di vernice rossa, rossa come il sangue dei profughi e degli immigrati morti in mare. Intorno scarpe vecchie, quello che le onde restituiscono dei naufraghi….

2007

BRINDISI 28 MARZO 2007 …a dieci anni dalla strage del Canale d’Otranto
Anche quest’anno si ricorderà a Brindisi la data del 28 di marzo del 1997 , quando la nave albanese Kater I Rades fu speronata e affondata dalla nave militare italiana Sibilla provocando un centinaio di morti, donne e bambini albanesi che fuggivano dalla guerra civile.
Verranno ricordati anche le migliaia di altri migranti  morti affogati nel Mediterraneo ,  o di sete e di fame nei deserti in fuga da paesi distrutti da carestie , guerre e disastri ambientali.
A questi flussi migratori  la Fortezza Europa ed anche l’Italia  risponde aumentando restrizioni e barriere e mantenendo in piedi strutture illegali , non luoghi del diritto, come i CPT
IL 28 MARZO
ORE 15.00 : SAREMO DI FRONTE AL CPT DI RESTINCO (BR ) CON IL DEPUTATO FRANCESCO CARUSO
ORE 17.15: LANCIO DI FIORI IN MARE E ASSEMBLEA PUBBLICA   PRESSO GIARDINETTI DEL PORTO A BRINDISI
INVITIAMO TUTTI A PARTECIPARE
PROMUOVONO
COBAS BRINDISI
OSSERVATORIO PERMANENTE ITALIA-ALBANIA
OSSERVATORIO SUI BALCANI DI BRINDISI

PARTITO ALTERNATIVA COMUNISTA

RETTIFICA INIZIATIVE 28 MARZO  2007 A BRINDISI
Causa sopravvenuti impegni  urgenti alla Camera il deputato Francesco Caruso non potrà effettuare visita a CPT di Restinco domani 28 marzo 2007.

Per questo motivo l’iniziativa davanti al CPT è rinviata a nuova data e rimane confermata  l’assemblea ed il lancio di fiori in mare alle ore 17.00 presso i giardinetti del Porto di Brindisi————————————————————

2006

 Brindisi 28 marzo 2006

In occasione del nono anniversario dell’affondamento della Kater I Rades nel canale d’Otranto, promuoviamo una manifestazione per il 28 marzo 06, alle ore 17.30  all’incrocio dei corsi Umberto I e Garibaldi in Brindisi che si concluderà con un momento di commemorazione delle vittime ,nei pressi del Porto, con lancio di fiori in mare.
Il 28 marzo di 9 anni fa la Kater i Rades, imbarcazione con a bordo  immigrati albanesi, veniva speronata e affondata dalla nave Sibilla  della Marina Militare Italiana, a circa 25 miglia dalla costa pugliese.
Quest’avvenimento viene ricordato come la strage del Canale d’Otranto: 108 persone con la speranza di arrivare in Italia e trovare un lavoro finirono nei fondali dell’Adriatico, morirono uomini, bambini, giovani, donne.
Dopo quella della Kater I Rades altre, tragedie hanno fatto del nostro mare un cimitero per disperati in un clima non soltanto di generale indifferenza ma di crescente ostilità nei confronti di migliaia di profughi abilmente nascosta dietro ingiustificati motivi di sicurezza e di lotta al terrorismo: navi militari,espulsioni,centri di detenzione per “clandestini” e leggi offensive della dignità umana.
Per queste considerazioni il 28 Marzo vuole essere un momento di memoria ma anche una importante  occasione per rilanciare le mille esperienze del nostro territorio che si battono al fianco degli immigrati.
La nascita di nuove realtà, le mobilitazioni contro i cpt di San Foca, di Restinco, di Bari, le iniziative antirazziste e multiculturali, sono momenti che hanno scandito quest’anno e rappresentano patrimonio delle  prossime lotte.

Osservatorio sui Balcani di Brindisi

OSSERVATORIO ITALIA ALBANIA

LABMIGRANTI (laboratorio sui diritti dei migranti Mesagne-Brindisi)

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2005

                         BRINDISI 28 MARZO 2005

A OTTO ANNI DALL’AFFONDAMENTO DELLA Kater I Rades ED A POCHI GIORNI DALLA CONCLUSIONE DEL PROCESSO APPUNTAMENTO SUL PORTO DI BRINDISI SABATO 26 MARZO 2005 ORE 17,30

Nei giorni scorsi la conclusione annunciata di un processo protrattosi per cinque anni e che si è concluso con una pena a totali anni 7, quasi equamente divisi tra il comandante italiano Laudadio (3 anni) e l’albanese Xhaferi (4 anni) che guidava la motovedetta albanese in quel tragico Venerdì Santo del 97. Quella di ieri è stata la conclusione naturale di un processo che sin dai primi passi si è mosso secondo i canoni classici degli iter giudiziari che hanno accompagnato le Stragi di Stato e quella dei profughi albanesi affogati nel Canale d’Otranto non poteva essere un’eccezione.
Sin dalle prime ore conseguenti all’affondamento della Kater I Rades, in quel tragico e lontano marzo 97, da parte della nave militare italiana Sibilla, denunciammo nei nostri comunicati che, dopo il clamore mediatico su questa strage, lo Stato Italiano e la classe politica italiana , che ne era direttamente responsabile, avrebbero cercato a tutti i costi di uscirne assolti e, se processo vi fosse stato, esso si sarebbe concluso al massimo con una condanna bipartisan dei due comandanti delle navi entrate in collisione.
Per ricordare ancora ed esprimere il nostro dissenso A Brindisi, sabato 26 marzo 2005 , alle ore 17,30 le associazioni e i singoli soggetti che da anni lavorano al fianco dei migranti, e che non si sono mai stancati di definire quella del 28 marzo 97, una strage di Stato, saranno sul lungomare a commemorare tutti i migranti morti in mare, con un lancio di fiori al quale seguirà e con un corteo fino al centro cittadino, nei pressi di piazza Vittoria dove si terrà una mostra, con dibattito su tali temi.

   OSSERVATORIO PERMANENTE ITALIA-ALBANIA
OSSERVATORIO SUI BALCANI
COMITATO PROVINCIALE CONTRO LA GUERRA BRINDISI
Brindisi, 23 marzo 2005
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                                              2003

Invito- comunicato

BRINDISI 28 MARZO ORE 17,00

Giardinetti del Porto

 

Il Brindisi Social Forum unitamente al Coordinamento contro la guerra di Brindisi

In occasione del sesto anniversario dell’affondamento della Kater I Rades nel canale d’Otranto, indice una manifestazione per il 28 marzo ’03, ore 17.00, presso i giardinetti del porto di Brindisi che si concluderà con un lancio di fiori in mare.

Quest’anno, questa ricorrenza avviene in uno scenario mondiale ormai reso gravido di pericoli per l’intera umanità ,con la guerra all’Iraq priva di ogni legittimità, con altre popolazioni costrette a fuggire da bombardamenti e da pulizie etniche, prede delle organizzazioni criminali mafiose che reggono il traffico degli esseri umani e che non hanno nessuno scrupolo della vita umana.

Dopo la Kater altre, tante tragedie del mare nascoste agli occhi dei media continuano ad accadere giornalmente in tutto il mondo, mentre sempre, più la cosiddetta Fortezza Europa si trincera dietro muri fatti di navi militari, respingimenti, centri di detenzione per “clandestini” e leggi offensive della dignità umana, giustificando tutto ciò con presunte motivazioni di sicurezza e, di lotta al terrorismo, facendoci vivere in un continuo stato di guerra.

Questa manifestazione vuol quindi essere l’ennesima espressione della volontà del popolo pugliese di costruire un ponte di pace con gli altri popoli dai quali siamo separati solo dalle acque del nostro mare ma che riteniamo tutti, indistintamente nostri fratelli.

Alla iniziativa: parteciperà don Ciotti presente nella nostra città per un convegno indetto dal vescovo di Brindisi nel pomeriggio dello stesso.Il Social forum ed il Coordinamento poi si sposteranno nei pressi della diocesi dove si terrà il predetto convegno alle ore 18.00

 

Brindisi Social Forum

Coordinamento provinciale di Brindisi dei comitati per la pace


2002

IN RICORDO DEI MORTI DEL 28 MARZO 1997                   GIOVEDì 28 MARZO 2002

ORE 17 – PIAZZA DELLA VITTORIA BRINDISI

ORE 17.30- LANCIO DEIFIORI IN MARE

interventi di: 

KRENAR XHAVARA 

portavoce comitato dei naufraghi della Kater I Rades                    

STEFANO PALMISANO, PAOLO DI SCHIENA

avvocati impegnati nel processo della nave

28 marzo 1997- Nel canale di otranto,una vedetta della marina militare sperona una nave carica di immigrati facendo centinaia di vittime.

Marzo 2002- Sulle coste di Lampedusa, la Marina Militare tarda  a soccorrere un peschereccio carico di immigrati, decretandone la morte di decine di persone.

Nei centri di accoglienza e detenzione gli immigrati, subiscono ogni tipo di sopruso e negazione delle libertà.

Nelle città rastrellamenti, perquisizioni e carcerazioni arbitrarie da parte delle forze dell’ordine perpetrate a danno dei clandestini e non.

Il Governo Berlusconi, con la legge xenofoba e razzista BOSSI/FINI, vuole legalizzare queste barbarie, rendendo “normali” e legali queste azioni di razzismo di statoche tra l’altro lo scorso decreto,del governo di centro sinistra, già anticipava.

Approdano lungo le nostre coste migliaia di immigrati che cercano quel mirino di benessere e libertà che miseria e feroci regimi negano nelle loro terre. A questo lo Stato Italiano risponde mandando la Marina Militare a presidiare le coste e per gli “indesiderati” (da chi?) CHE APPRODANO CI SONO I CENTRI  DI DETENZIONE DEI VERI E PROPRI LAGER DI STATO.

Questa legge, quando non ammazza sulle coste o rispedisce a casa, crea ancora più clandestini con un permesso di soggiorno sempre più difficile da ottenere o mantenere, sempre più minacciati da espulsioni immediate, sottoposti a qualunque tipo di ricatto economico e morale, fomentando così fenomeni di sfruttamento illegale quali il lavoro nero e la prostituzione.

Una vera e propria guerra razzista contro gli immigrati, organizzata e legalizzata dal governo di centro destra. E’ necessario sviluppare l’azione diretta su contenuti chiari di difesa degli interessi e dei diritti degli immigrati.

SOSTENIAMO IL DIRITTO A VIVERE E LAVORARE

IN QUESTO PAESE SENZA NESSUN RICATTO.

PER LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE DONNE  DEGLI UOMINI

CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE COSTE 

E I LAGER DI STATO.

CONTRO LA LEGGE BOSSI- FINI

Brindisi Social Forum Provinciale


Integra onlus ricorda le vittime del mare

UNA CORONA DI FIORI NELLE ACQUE DI OTRANTO NEL GIORNO DEL 17° ANNIVERSARIO DELL’AFFONDAMENTO DELLA KATER I RADES.

  • Data: 28.03.14
  • Categoria: Tutte le notizie
  • Autore/Fonte: Ufficio stampa

20140328_104628Dettagli della notizia

La sera del Venerdì santo del 1997, una piccola imbarcazione albanese stracarica di profughi, la Kater I Rades, viene speronata da una corvetta della Marina militare italiana al largo delle coste pugliesi. È uno dei più gravi naufragi della storia recente del Mediterraneo: muoiono 81 persone, in gran parte donne e bambini. Molti corpi non verranno mai recuperati, i sopravvissuti sono solo 34.
A 17 anni da quel tragico venerdì Santo, Integra Onlus, ricorda le vittime della Kater I Rades deponendo in mare una corona di fiori.
Questa mattina, alle ore 10.00, una motovedetta della Guardia Costiera di Otranto ha preso il largo con a bordo la Presidente di Integra Onlus Klodiana Cuka, il Sindaco di Otranto Luciano Cariddi, il Comandante della Polizia municipale Vito Alberto Spedicato e il Com. della Capitaneria di Porto di Otranto Gian Marco Miriello.
Al largo del canale di Otranto, teatro della sciagura che vide la Kater colare a picco con il suo carico umano di donne e bambini dopo la collisione con la nave Militare Sibilla, sono stati lanciati in mare dei fiori e osservato un minuto di silenzio. Un gesto simbolico dedicato a tutte le vittime migranti del mare e anche a chi, durante lo svolgimento del proprio dovere, in occasione degli sbarchi e delle tragedie nel mare, ha perso la vita.
“Un momento questo che dedichiamo con molto piacere al ricordo delle vittime della Kater nella circostanza dell’anniversario dell’affondamento”, dichiara il Sindaco Cariddi. “Ma è anche un momento di riflessione verso tutte le vittime del mare legato soprattutto al problema dell’emigrazione, popoli interi che fuggono dai loro Paesi perché costretti in quanto vivono in situazioni di guerra e di crisi, spinti quindi sulle nostre coste a cercare una nuova speranza di vita. La nostra Comunità rimane da sempre colpita nella propria intimità, da queste vicende che sono collettive, ma anche storie di singole persone, di famiglie, di donne, uomini e bambini che affrontano viaggi drammatici pur di poter continuare ad alimentare il sogno di una vita diversa, di una vita migliore”.
“Otranto continuerà sempre a rappresentare quell’approdo naturale, quell’abbraccio e quel primo momento di assistenza e solidarietà che riteniamo sia dovuta ad ogni essere umano. Questi popoli, pertanto, resteranno nella nostra memoria come cari amici che abbiamo accolto”, conclude.

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